Avete mai preso lucciole per lanterne? No? Mai? Allora bravi, complimenti! Eppure capita anche nelle migliori famiglie. Ed è capitato anche ad uno (che conosco molto bene e molto, molto personalmente!) quando – correva la primavera ’17 – cercava lumi ed informazioni in vista di un viaggio in Moldavia, Transnistria e Odessa in Ucraina. E nel mezzo del cammin si ritrovò in una selva oscura, scoprendo che la Transnistria c’è ma non esiste. E imparando che la Moldavia non va confusa con la Molvania. Di quest’ultima esisterebbe una guida turistica e, per non fare pubblicità, non ricorderò che è della Rizzoli, ma dirò che è una gradevolissima parodia di altre guide turistiche, una satira demenziale scritta per dipingere non la Moldavia bensì la Molvania (che non esiste e non ci sarebbe se non nella fantasia). Attenzione pertanto a non confondere i fischi con i fiaschi. Ciò premesso vi preavviso che le prossime righe sono il diario (per tre quarti vero, per altri tre quarti falso) del viaggio di questo viaggiatore (!?) che conosco bene, molto bene ed anche molto, molto personalmente. A questo punto, se siete disposti a farvi del male, vi autorizzo a proseguire nella lettura, a vostro rischio e pericolo.
… dicevo dunque … era da poco calata la sera: in casa regnava il silenzio se non fosse stato per quel sottofondo di suoni ed immagini della TV accesa ma ignorata. La nipotina stava sfogliando una rivista (naturalmente sul tablet, mica una cartacea!) mentre io, da buon nonno, seduto sul seggiolone col libricino in mano (quello cartaceo naturalmente, mica sul tablet!) pensavo ai misteri dell’ universo e sul come rendere la terra effettivamente rotonda, senza quei sobbalzi dovuti alla sua forma ellissoidale o se volete esser ancore più precisi, a geoide, e che comunque sconquassano regolarmente la nostra esistenza post-eden!
Ed anch’io, proprio come il buon Don Abbondio, di manzoniana memoria, ero ben lontano dal prevedere la buriana che stava per travolgermi. Tutta colpa della nipotina. Difatti, come un fulmine a ciel sereno, arriva la sua solita domandina ben affilata: “nonno, che cos’è la transnistria?” “Chi? Cosa? La trans-che?!?” Dato l’ammasso di primavere e quindi grazie all’ accumulo di profonda saggezza e di preziosa esperienza umana, ormai sono avvezzo alle domandine semplici e difficili dei bambini, tipo “nonno, che cosa è venuto a fare l’uomo sulla terra?” Oppure: ”nonno, ma chi ce l’ha portata negli oceani tutta quell’ acqua?” Normalmente mi riesce di balbettare qualche risposta sufficiente a far sprofondare la nipotina in un attimo di attonita silenziosa concentrazione con lo sguardo perso nel vuoto. E così la piccolina intuisce, data la risposta, che non è il caso di approfondire il tema e conviene lasciar in pace il nonno per dedicarsi ad altre ludiche attività.
Ma questa volta, lo confesso, per poco non mi rovesciavo dal seggiolone! trans-che? Cos’ ha detto? transinistra? Io adesso che cosa ci rispondo? Non posso mica abbassare la cresta e confessare l’ignoranza! E fu così che le mitragliai un secco: “per transnistria si intende una specialità culinaria, un piatto, una nuova ricetta, roba moderna, dei giorni nostri, portata da quelle ondate di giovani partiti da terre lontane, che poi alla fine, dopo varie peripezie, atterrano qui da noi e ci regalano appunto qualche nuova leccornia tipo la transnistria”. “E quindi è roba che si mangia?” “Certo – aggiungo – ma non saprei dirti come si cucina. Per questo devi chiedere alla nonna”. Non so come se la sia cavata la nonna, fatto sta che in famiglia, da quella sera, nessuno ha più parlato della transnistria.
Ma la storia non era finita, anzi! Per un paio di notti non sono riuscito a dormire decentemente, svegliato dagli incubi transnistriani. Non era roba da psicosi, e nemmeno da nevrosi, ma quel tarlo non dava tregua, qualcosa andava fatto. Ma che cosa? In casi analoghi, quando ero giovane, la prima tentazione era di correre in biblioteca, cercare e ricercare fino a quando non capitava in mano un bel tomo con la spiegazione dell’arcano. Oggi le corse si fanno sulle strade digitali, quelle di wikipedia in primo luogo. E qui casca l’asino. Vi confesso di aver avuto un’infanzia difficile ma felice. Come dice signore? Le sembra una contraddizione? Voglio dire che con wikipedia ho fatto brutte esperienze da piccolo (piccolo non è sinonimo di giovane! Significa invece: primi passi nel mondo dell’IT).
Dunque, cercavo appunto lumi sulla transnistria e navigando mi sono sorti i primi dubbi: transnistria non sarebbe un piatto, nemmeno una ricetta, ma una nazione che esiste ma non si vede, anzi, si vede ma non esiste. Come dice signore? Anche questa le sembra un’altra contraddizione? Guardi che nella mia lunga carriera di contraddizioni ne ho visto molte, ma molte davvero. Ultimamente, sempre nel corso della mia personalissima ricerca della verità sono incappato infatti in una di queste, finendo di brutto sotto le grinfie di un libro scritto da tre australiani, specializzati nella analisi di paesi assolutamente sconosciuti, tra questi, speravo, anche la “mia” Transnistria. Eccolo il tomo che fa per me – mi son detto – quello con la presentazione di paesi tanto sconosciuti da esser addirittura totalmente inesistenti. State dunque un po’ a sentire! I nomi degli autori suonano bene: Cilauro, Gleisner e Sitch.
In italiano la loro opera è stata pubblicata due volte, con due titoli diversi. Il primo è: Pàh-Tak, La patria del colpo di sole. L’ altro titolo è: Molvania, una terra mai raggiunta dai dentisti. Apprendo pertanto che la Molvania è un lembo di terra posta tra il Mar Rosso, il Mar Nero, il Mar Bianco ed il Mar Grigio. La sua bandiera è, quale logico risvolto, composta dagli stessi colori: rosso nero in tre strisce orizzontale e bianco e grigio in altre tre strisce verticali. Comprensibile che in questo contesto sia molto diffuso il daltonismo.
Ospita un 500 mila abitanti su un territorio di 3.500 km quadrati. Che sarebbe come dire: la stessa popolazione sudtirolese in metà dell’Alto Adige. Aggiungiamo, senza scendere a confronti diretti sudtirolesi, che la molvania vanta una cultura raffinata ma sottovalutata a livello internazionale, mentre l’Unesco, starebbe esaminando la sua domanda di riconoscimento quale “patria della polka”. Già assodato è, invece, che sia anche la culla della pertosse. Senza sbocchi sul mare, vanta una vegetazione lussureggiante, grazie al suo clima estremamente caldo ed altrettanto umido, afoso anche d’inverno, tanto che i primi visitatori la definirono “ascella maleodorante dell’intero continente”.
In passato la molvania era nota solo ad un paio di storici militari e ad uno squadrone di atletici giovanottoni, alti e massicci, dentatura bianco splendente che non hanno mai visto un trapano da dentista. Sono tutti per metà filosovietici e per l’altra metà fanatici filoamericani accomunati da un unico, profondo interesse: lo spaccio di droga e un giocondo consumo di superalcolici. Ora la molvania, finalmente, si sta aprendo ad un turismo intelligente. Ma senza fretta, ’che i molvaniani doc non intendono perdere il sacro aplomb delle loro antiche tradizioni culturali e devozioni religiose.
A questo punto mi fischiano le orecchie! La nipotina ed anche la massa dei lettori si staranno chiedendo, tra lo sconcerto e l’irritato: “ma questo qui dove vuole parare? Che cosa ci sta raccontando? Cosa c’ azzecca la molvania con la Transnistria?” Calma ragazzi! C’entra, c’entra! Io, come detto, ero andato in internet e quale navigato navigatore culturale avevo zappato in sapienzipedia per raccogliere un paio di ingredienti utili a cucinare una risposta dotata di un minimo di buon senso. L’obiettivo era duplice: primo, evitare altre cariche imbarazzanti da parte della nipotina e, secondo, tornare a dormire decentemente!
Il giro di boa, in questa tormentata vicenda è giunto un po’ come l’uovo di Colombo: la molvania non esiste ed è un’invenzione satirica dei tre burloni australiani. Una panzana della più bell’ acqua, ma, lo confesso, piacevole da leggere, ve la consiglio anche se oggi verrebbe definita una delle tante fake news, una buccia di banana per i più puerili creduloni. Esiste invece la Moldavia, con emme maiuscola, quella vera, quella che si vede. E è proprio in Moldavia che dovete andare per arrivare in Transnistria. Oppure vi sobbarcate mezzo giro del mondo ed entrate passando per la Ucraina.
A questo punto mettetevi comodi sulla poltrona e seguitemi, ’che vi spiego tutto. La Moldavia – o, se preferite, Moldova nella lingua locale – è un paese prevalentemente pianeggiante ed in pendenza, inclinato da nord verso sud. Se vi spostate in auto, treno od aereo difficilmente lo noterete. Ma se avete preferito la bicicletta lo noterete subito. E noterete subito anche la sua povertà. Credo indossi la maglia nera nella graduatoria della povertà europea. Un record consolidato. Per quanto mi riguarda non sono riuscito a fotografare nelle sue praterie nemmeno uno, dicasi uno, gregge di pecore e nemmeno una, dicasi una, mandria di bovini. Manco da lontano. Eppure viaggiavo armato di un potente teleobiettivo. Nel migliore dei casi potrete fotografare qualche mini-masseria, dipinta d’azzurro o di color celestino (dicono che porti fortuna e tenga lontano gli spiriti maligni), con un’unica vaccarella tutto pelle ed ossa. Immagini che non valgono un selfie. I testi di geografia economica attribuiscono invece alla Moldavia un’altro record: quella della esportazione di “materiale umano”. Brutto lessico che, tradotto per i meno abbienti, significa: la Moldavia è terra di emigrazione femminile. Una emigrazione di massa, un fenomeno quasi biblico.
Tutte quelle in età lavorativa sono andate a cercar fortuna all’estero. Sul suo territorio notiamo bambini, donne anziane, nonne che allevano i nipoti, e uomini disoccupati, scoraggiati, depressi, bighellonanti, dediti all’ alcolismo. La loro principale occupazione sarebbe il viaggio fino al prossimo ufficio postale per incassare le rimesse delle donne all’estero. Le quali, nei paesi latini di Francia, Spagna ed Italia, si sono fatte una nomea di persone oneste, badanti affidabili. E così, nelle nostre zone gira la voce di attempati e previdenti signori che avrebbero stipulato, con qualcuna di loro, un precontratto di assunzione, come badante appunto, nel caso di future necessità!
Questa “emorragia femminile” è forse il problema più pesante che investa la comunità moldava a livello umano, privato, interpersonale, familiare. Ma non è l’unico. Un altro grattacapo scorre proprio lungo il fiume Dnester o Nistro. Un corso d’acqua mica male, lungo quasi 1400 km e, quando si getta nel Mar Nero dopo aver attraversato la Moldavia dall’alto in basso (in discesa, appunto, lo ricordate, vero?), ha una portata media di 500 metri cubi al secondo. E’ tanto? E’ poco? Per avere un termine di confronto casalingo basta tener presente che il Po è lungo solo la metà ma alla foce ha una portata tripla. Il suo merito (del Nistro, non del Po) è di aver tenuto a battesimo la nostra Transnistria, zona che appunto è posta “al di là”, ossia ad oriente, sulla sponda orografica sinistra del Nistro o Dnester, a cavallo tra Moldavia e Ucraina.
E fin qui le cose sarebbero abbastanza chiare, geograficamente. Abbastanza, ma non troppo perché la Transnistria non la troverete su (quasi) nessuna carta geografica. La si trova solamente sulle cartine caserecce, quelle del fai-da-te senza pretese di valore ufficiale. E questi sono problemini di poco conto. Quelli ben più spinosi sono nati nel contesto del crollo dell’Unione Sovietica, anni ‘90 e dintorni. A quell’epoca tutte le repubbliche dell’ex Unione si affrettarono a dichiarare la propria indipendenza, Transnistria compresa (lo ha fatto ai primi di settembre del 1990), la quale altro non aspettava che l’occasione giusta per sganciarsi dalla Moldavia.
La risposta della comunità internazionale fu altrettanto rapida, con riconoscimenti a raffica delle regioni che divorziavano dalla Unione Sovietica. Ma alcune “nazioni” vennero “dimenticate”. Tra queste, appunto, anche la Transnistria. Nessuno, ma proprio nessuno al mondo ha voluto riconoscerla e all’ epoca non mancavano le vignette, le barzellette, la satira. Anche negli ambienti nostrani, quelli più smaliziati ed attenti alla politica estera, si rideva alla grande: ”Hahahaha! Buona questa! Sta a sentire! Indipendenza per la, com’è che si chiama? Transxxyyzzhhqq?” E giù risate!
Ovvio il rifiuto della Moldavia, che ancor oggi non cede e considera la Transnistria come una propria regione autonoma. Regione autonoma sì, ma tutta sua. Apparentemente meno comprensibile il gran rifiuto della Russia. La Transnistria infatti era ed è palesemente filo-russa, anche a livello culturale. Vari sondaggi, ricerche di mercato e referendum confermano unanimemente che la quasi totalità della popolazione – nonostante la disomogeneità etnica – guarda con maggior interesse ad est, verso la Russia.
Ma nonostante l’ironia ed anche sarcasmo internazionale, la Transnistria ha deciso di tener duro e s’è dotata di una propria costituzione, una propria bandiera, un proprio presidente, un proprio parlamento, adottando l’alfabeto cirillico ed introducendo naturalmente tanto di controlli ai confini e dotandosi perfino anche di una propria valuta (che nessuna banca al mondo accetta!). Il tutto supportato da una economia forse non proprio robusta ma certamente a livello ben superiore rispetto alla “madrepatria” Moldavia. La quale dipende quasi in toto dalle forniture di elettricità della ingrata provincia autonoma, indipendentista, ricca tra l’altro anche di industria pesante dell’acciaio. E da una parte ( = Moldavia) arrivano sussidi e aiuti americani per “incentivare lo sviluppo turistico che sta muovendo i primi passi”. Dall’altra ( = Transnistria) piovono sussidi e aiuti russi per “sostenere i nostri amici connazionali che stanno procedendo su una strada lunga e difficile”.
Ma non solo: la Transnistria ospita un numero consistente di caserme e basi militari russe. A Mosca si parla di forze militari di pace. In Europa si usa un altro vocabolario, preferendo termini quali forze di occupazione. E si va anche oltre, rispolverando ciclicamente l’accusa di commercio di armi. Armi leggere, portatili, fucili, pistole, munizioni, lanciarazzi, mortai e chincaglieria simile.
Mafia, contrabbando, si sente dire da più parti. Stando ad uno scoop televisivo di quei mattacchioni de “Le Iene” sarebbe un giochino da ragazzi entrare in Transnistria, uscirne in giornata dopo essersi procurati un paio di pistole ed imbottiti di caricatori belli lucidi, pronti per l’uso. Nessun commento, nessuna smentita risulta uscita da parte transnistriana (forse non guardano la TV italiana), mentre altri uffici governativi di nazioni attigue hanno lanciato un “contro-scoop”, parlando di messa in scena ben organizzata con attori locali altrettanto mattacchioni e ben pagati (meglio, si mormora, di quelli de Le Iene). Vacci a capire! E come se non bastasse, entra in gioco anche la politica internazionale! Quale politica? Quella delle sanzioni internazionali contro la Russia!
Cerchiamo di spiegare come funziona il mondo: supponiamo che un nostro conoscente sia un bravo viticoltore, di successo, ottima produzione e vino di qualità. Lui sarebbe più che interessato ad espandere il proprio raggio d’ azione, esportare fiaschi, bottiglioni, bottiglie e bottigliette di classe elevata per posizionarle sull’ enorme e promettente mercato russo. Ma di mezzo ci sono le sanzioni, quelle che impediscono l’import-export verso e da quel mercato. Bella rogna! Come uscirne? E qui si accende la geniale lampadina! Il nostro ipotetico amico decide di esportare botti, bottiglioni, fiaschi e bottigliette in Moldavia, e più precisamente: il suo compagno d’affari è un dinamico moldavo, residente, guarda caso, nella regione autonoma della Transnistria, che in base al diritto internazionale appartiene appunto alla Moldavia.
Ma sappiamo ormai che la Transnistria è/sarebbe anche nazione indipendente, per di più grande amica della Russia e, non essendo riconosciuta, non è nemmeno tenuta ad osservare le sanzioni imposte da altri! A questo punto scende in campo un altro nuovo amico intermediario transnistriano che potrà tranquillamente vendere e consegnare la nostra merce ad altri (suoi) amici commercianti russi. Alla fine, tutti felici, tutti contenti. Le sanzioni non sono state violate, il vino è giunto in porto. Loro, i russi, brindano allegramente. Noi incassiamo col sorriso sulle labbra. Viva la Transnistria.
Dunque, in questi ultimi decenni la zona grigia tra Moldavia e Ucraina ha fatto comodo a molti, di qua e di là del Nistro, in base al principio: “state calmi e non fate l’onda!
Ma non me la sentirei di stare troppo tranquillo. In Ucraina il vento sta per cambiare e la conclamata fedeltà verso la Russia sta per trasferirsi e concentrarsi nelle zone orientali della nazione. Al centro ed all’ est cresce la simpatia verso l’Europa e si spera di esser accolti a braccia aperte nella UE. In Transnistria, invece, si spera che il caso Crimea non rimanga isolato e possa facilitare l’ingresso nella CSI, Comunità degli Stati Indipendenti. Lo status quo degli ultimi decenni, che aveva fatto comodo un po’ a tutti, potrebbe cedere il passo a nuove evoluzioni. Imprevedibili.
O forse i transnistriani si sono rassegnati? Oggi un terzo abbondante della popolazione ha doppio passaporto e doppia cittadinanza, russa ed ucraina. O forse il popolo non ha più l’entusiasmo “giovanile” di 23 anni fa? Un entusiasmo che però l’aveva travolto e trascinato in una guerra civile interna.
Intanto Ucraina e Moldavia reclamano, sempre più spesso a voce alta, il ritiro delle migliaia di soldati russi stazionati al nord della Transnistria. Truppe di occupazione? Forze armate di pace? Insomma, se Dante dovesse descrivere la situazione parlerebbe, probabilmente, di baccano tremendo! E per quanto mi riguarda, personalmente, continuo a non dormire sonni tranquilli: soffro di incubi sognando “come si cucina la transnistria” e temo la nipotina, che potrebbe tornare alla carica e pretendere una risposta breve, chiara, semplice.
P.S.: dimenticavo di aggiungere che Tiraspol, capitale della Transnistria, viene presentata anche come la capitale degli zingari. Un intero quartiere della città è riservato a questa etnia e si caratterizza per la pomposità di numerosi edifici. Ma questo rientra nel capitolo del folclore etnico.
P.P.S: dimenticavo anche un’altra cosuccia! La Transnistria non è l’unica “nazione” autoproclamatasi indipendente ma bellamente snobbata da tutto il mondo. Ne ricordo una sola, a caso: il Karakalpakstan, anche lui de jure “regione autonoma” dell’ Uzbekistan. Oppure, un’altra, ancora a caso …. Kurdistan !?! E sempre a caso: l’Abkhazia assieme all’ Ossezia del sud in Georgia. E come la mettiamo con il Nagorno Karabach in Azerbaijan? E cosa direbbero, sempre a caso, i catalani!? … e magari anche la Scozia … poi forse perfino i Paesi Baschi … e già che ci siamo infiliamoci addirittura l’ Assam nella lontana India, oppure, se preferite, qui a casa nostra … ma … ragazzi, … stooop …cos’ è ’sta roba?! … fermi tutti! … calmi … bona notte e sogni d’oro!
Caro Piero,quando ci andiamo in Transnistria?
Ciao Michele, quando vuoi ci torno volentieri!