Martedì 1 agosto
Si parteeee! Appena l’elicottero si alza in volo mi innamoro in pochi secondi di questo mezzo stupefacente che si solleva dal suolo in verticale dondolandoti dolcemente, sfiorando e lambendo distese erbose e montagne. Il vulcano Viluchinski, imponente e maestoso, sfila davanti ai miei occhi pieni di stupore.
Non c’è traccia di fili elettrici e costruzioni, nessuna impronta del genere umano. Solo il verde macchiato dal bianco della neve che ancora resiste all’estate. Un grande sollievo. Un conforto per l’anima.
Non riesco a credere ai miei occhi quando la “libellula di metallo” si appoggia delicatamente al suolo all’interno della caldera del vulcano Mutnovsky
Scendo dall’elicottero in preda ad una visione mistica. L’odore di zolfo è penetrante ed il vapore caldo che fuoriesce dal sottosuolo su ampi spazi della caldera rende lo scenario quasi surreale. E’ l’immagine dell’inferno che ci hanno inculcato nella mente fin da bambini.
La neve prova ad infilarsi in mezzo alle esalazioni che sbuffano abbondanti e ovunque. Dalle imboccature degli effluvi fumosi, lo zolfo, giallo fluorescente, affiora dal suolo con brillanti concrezioni. E’ un quadro magnifico, una visione stupefacente.
Ci muoviamo come spettri fra i miasmi di uno dei vulcani più attivi del paese.

Mi guardo attorno affascinata dalla potenza di questa natura sovrana e sono quasi intimidita dalla sua bellezza e dal suo potere. Ci fermiamo soltanto mezz’ora, ma già mi sento al settimo cielo. Un’esperienza esaltante.
Il viaggio continua e il mio sguardo fisso sui vetri dell’oblò scorre incantato fra lunghi rivoli d’acqua che si insinuano in mezzo al verde, lingue di neve che si gettano dalle alture e verdi boschi di betulla. Alcuni di questi alberi, con i loro tronchi grigi e nodosi, sembrano adagiati al suolo, forse schiantati dal peso eccessivo della neve caduta nella stagione più difficile, quando il clima mette a dura prova l’intero paese.
Poi la libellula rotante si ferma ai bordi di un’altra caldera riempita dall’acqua verde-azzurra di due laghi. La caldera Ksudach, silenziosa, selvaggia e solitaria racchiude minuscoli tesori floreali che sbucano dal terreno lavico. Piccoli fiori azzurri, gialli, viola e bianchi che provano ad ingentilire un paesaggio grave e solenne. Qualche piccolo uccello sconosciuto ripete insistentemente il suo verso fra i bassi cespugli che si allungano verso l’acqua fosca del lago.
Mi sento quasi smarrita di fronte all’assenza di rumori e di fronte ad un luogo selvaggio privo di tracce umane ed esseri vaganti. Sembra quasi un mondo ovattato. Proprio questi sono i luoghi che stavamo cercando.
Il lago Kuril è uno di questi. E’ la nostra meta finale: ciliegina sulla torta di una splendida giornata.

Questo magnifico e scenografico lago occupa un’enorme caldera che si formò circa 8400 anni fa durante una spaventosa eruzione vulcanica. Sembra che fu una delle eruzioni più potenti fra quelle avvenute durante il periodo successivo all’ultima era glaciale. La cenere cadde su ampie regioni della Kamchatka diffondendosi in luoghi estremamente lontani. La camera magmatica svuotata crollò su se stessa e si formò un’enorme caldera.
E’ il secondo lago più profondo della Russia dopo il lago Bajkal. Raggiunge una profondità massima di 316 metri e si trova in uno scenario magnifico, molto più bello di quello che avevo concretizzato nella mia immaginazione.
In questo lago e in altri fiumi della penisola, ogni anno, dalla fine di luglio, si danno convegno milioni di salmoni che vengono a riprodursi per poi morire.
Già dai vetri dell’oblò riesco a scorgere due orsi che si inseguono ai piedi di una montagna ed altri che stazionano in una bassa insenatura del bacino non lontana dal nostro lodge.
Una tenue nebbiolina filiforme e quasi evanescente si insinua fra le alture macchiate di neve che circondano l’azzurro specchio d’acqua. Verdi lingue di terra si spingono e si infilano fra le acque del leggendario “lago degli orsi”.
Lo sperduto rifugio di legno che ci ospiterà per tre giorni è composto da due piani. Al piano terra ci sono la cucina, una piccola sala da pranzo e un bagnetto con la doccia. Al piano superiore due piccole camerate con i letti a castello che possono ospitare ciascuna otto persone e una minuscola toilette senza lavandino. Nelle due stanze, se c’è chi russa, dovrà essere sopportato pazientemente. Altrimenti si può ricorrere ai tappi per le orecchie.
Due bagni, uno per gli uomini e uno per le signore, si trovano all’esterno della struttura, vicino ad una fila di rubinetti che si protendono su un lungo canaletto di acciaio che funge da lavandino.

Il lodge è circondato da filo elettrificato per impedire agli orsi di avvicinarsi troppo. Gli orsi della Kamchatka sembrerebbero piuttosto bonari e tolleranti con gli esseri umani, al contrario di quelli dell’Alaska, che normalmente sono più aggressivi e nervosetti. Qui sembra che l’uomo non venga considerato una preda, semmai un semplice rivale nella pesca. Gli orsi sono più interessati ai salmoni.
Questo non significa che non si debbano comunque considerare degli animali potenzialmente pericolosi. Lungo il sentiero che porta al lodge c’è una lapide in ricordo del fotografo giapponese Michio Hoschino che proprio in quel punto aveva piantato la sua tenda pagando con la vita l’eccessiva confidenza data agli orsi. Quella stele serve da monito a tutti i fotografi o turisti che cercano un’intimità troppo ravvicinata con questi enormi animali che in questa penisola sono fra i più grandi orsi bruni esistenti.
Konstantin e sua moglie Lana, i ranger del parco, abitano in una minuscola casetta di legno separata dal rifugio e lì accanto hanno persino una sauna.
Prima di inoltrarci nel sentiero che inizia al di là di un basso cancelletto di legno che è vietato oltrepassare senza la loro presenza, ci istruiscono sulle regole da rispettare durante i nostri tre giorni di soggiorno e di visita dell’area protetta. Con il loro abbigliamento interamente mimetico ed i fucili camuffati alla stessa maniera, sembrano piuttosto autorevoli, riservati e compassati, ma non mi farò ingannare dalle prime apparenze.
In composta fila indiana, le donne davanti e gli uomini dietro, li seguiamo in modo diligente e silenzioso. Lui sta davanti e ci guida lungo il sentiero. E’ un personaggio piuttosto singolare: alto e imponente, con gli occhiali scuri, la bandana mimetica e il fucile sottobraccio, mi fa pensare un po’ a Rambo. La sua mole e lo sguardo un po’ severo infondono comunque una notevole fiducia e grande affidamento.
Lei chiude la fila. Si va. Andiamo dagli orsi. Un momento speciale che io e Carlo aspettavamo da tanto tempo.
Il sentiero conduce all’interno di un piccolo capanno con le sbarre in ferro che ti consente di osservare gli orsi in sicurezza, anche da distanze ravvicinate, mentre sono intenti a pescare i salmoni.

Ed eccoli lì, mentre con le enormi zampone a mollo nell’acqua aspettano attenti e fiduciosi la comparsa degli energetici salmoni.
Alcuni, forse già sazi, dormicchiano su qualche isolotto di terra che emerge dall’acqua. Contiamo almeno dieci individui piuttosto vicini, ma in lontananza ne compaiono frequentemente altri che a volte si fronteggiano, fanno un gran baccano e si tuffano rumorosamente nell’acqua cercando di catturare qualche salmone.
Alcuni si cimentano in lunghe rincorse sollevando smisurati spruzzi d’acqua. Altri rimangono seduti all’asciutto su alcune lingue di terra che lambiscono il lago e osservano a distanza eventuali passaggi, apparentemente in modo distratto. Poi scattano all’improvviso come molle e si gettano inaspettatamente nell’acqua a testa in giù.
C’è anche chi rimane a lungo con le zampe a mollo scrutando attentamente i movimenti e le increspature che svelano la presenza di un salmone di passaggio.
Poi qualcuno, dopo vari tentativi andati a vuoto riesce nell’impresa. Mi accorgo che centinaia di uova arancioni cadono nell’acqua simili a perle di una collana a cui si è rotto il filo.
Ed è così che per lo sfortunato salmone si interrompe un sogno e viene infranta l’aspettativa di quel lungo e faticoso viaggio.
Non so dire quante ore siamo rimasti ad osservarli mentre ognuno metteva in pratica la propria strategia di caccia.
Io non vedevo che loro. Ho messo fine per ore a qualsiasi tipo di interazione con chiunque avessi vicino. L’uso della parola era momentaneamente sospeso.
Un grosso individuo, il boss dell’ansa, ci dedica una passerella degna di una star. Si muove lentamente nell’acqua con uno sguardo vagamente torvo e minaccioso. Solleva goccioline trasparenti e chiunque si trova lì vicino, batte immediatamente in strategica ritirata e si tiene a debita distanza. Questioni di stazza. Un baldo giovane dai “capelli” biondi osa avvicinarsi troppo e la rincorsa con fuga precipitosa è ovviamente inevitabile. Gli spruzzi d’acqua che si sollevano in una miriade di goccioline scintillanti ci offrono eccellenti promesse di favolosi scatti.
Un buffo individuo un po’ arruffato ha trovato un piccolo trampolino di lancio fra alcuni tronchi che emergono dall’acqua. La posizione è forse un po’ scomoda ma vantaggiosa: l’osservazione da una maggiore altezza, anche se modesta, offre una migliore visibilità.
Molti tuffi e numerosi tentativi di catturare il pesce falliscono miseramente, ma lui non sembra affatto perdersi d’animo. Ben presto il suo premio di colore rosato viene afferrato con gli artigli e portato trionfalmente in un luogo più discreto fra i cespugli, fuori dall’acqua. Ci sfila davanti con orgoglio e manifesta soddisfazione. Bravo! Anzi brava, ci fanno sapere che è una femmina.
Gabbiani comuni, gabbiani dorsoardesia e gavine, vigili e sempre pronti ad approfittare di qualche piccola distrazione, non perdono mai l’occasione per rubacchiare qualche frammento di carne dai salmoni appena pescati.

E poi scopriamo che una coppia di aquile di mare di Steller ha nidificato lì vicino. Sono piuttosto statiche. Rimangono a lungo posate su alcuni alberi ai bordi del lago, ma ogni tanto ci deliziano con i loro voli eleganti e potenti spiegando le magnifiche ali scure macchiate di bianco con rapide e possenti incursioni di pesca che fanno involare impauriti tutti i gabbiani presenti sugli isolotti. Che dire! Giornata meravigliosa.
Mercoledì 2 agosto
In mattinata ci spostiamo con la barca al centro ricerche di Ozernovsky che si trova in un’altra area del lago non molto distante dal nostro lodge. In questa zona contano i salmoni e svolgono alcuni studi sulla loro migrazione annuale.
Si parte come sempre in fila indiana guidati dai nostri ranger qualificati e si raggiunge un piccolo pontile dove alcuni sbarramenti costruiti ad hoc consentono il conteggio dei pesci migratori. Un uomo è intento a contarli e un orso, non lontano da lui, è concentrato nella pesca dei salmoni che sfilano vicino alle chiusure. Non sembra particolarmente abile e molti tentativi cadono a vuoto.

Poi si presenta una dolce scenetta familiare che ci lascia sbalorditi : arriva un’orsa con i suoi tre cuccioli in tenera età. Si guarda intorno con fare circospetto e ci passa davanti, seguita dai suoi orsacchiotti che sembrano tre teneri peluche.
Uno di loro oltrepassa il filo elettrificato che si utilizza per tenere gli animali al di fuori delle aree frequentate dai visitatori. Presto la mamma lo mette in riga e con sguardo severo ed inflessibile lo invita a riprendere il suo posto vicino a lei.
Anche mamma orsa si mette a pescare vicino al pontile, ma gli indisciplinati monellacci ogni tanto si allontano un po’ troppo. Si arrampicano su un albero lì vicino e vorrebbero giocare indisturbati. Sono birichini ed ingenuotti: non conoscono il rischio che possono correre nel caso ci fosse un maschio nei paraggi. Perciò mamma orsa è più volte costretta ad andarli pazientemente a recuperare. Gli orsacchiotti borbottano palesemente e con insistenza e alla fine uno di loro si prende un sonoro “ceffone” con sonante sgridata da brividi.

Poi l’uomo che conta i salmoni attraversa il pontile costringendo i nostri amici pelosi ad allontanarsi piuttosto contrariati.
Quando si sta a stretto contatto con questi animali e si impara a conoscerli, è naturale comprendere il loro comportamento e non provare alcun timore nei loro confronti.
Proseguiamo la nostra passeggiata facendo la conoscenza di molte piante locali ed il loro utilizzo che Constantine ci illustra durante il cammino.
Al ritorno verso il lodge la barca si ferma davanti ad un piccolo isolotto del lago dove nidificano molti gabbiani. Voli eleganti e grida eufoniche riempiono il cielo. Si torna per il pranzo.

Larissa, la cuoca, è veramente brava e ci prepara ogni volta pasti luculliani che potrebbero sfamare un reggimento. Non le diamo soddisfazione poveretta: c’è troppo cibo sul tavolo e noi non ce la facciamo proprio a rendergli merito. Forse è abituata a gente che mangia molto di più e non si capacita della nostra inappetenza.
In particolare, quando si affaccia qualche volta nella saletta da pranzo, mi sembra che fissi interdetta proprio me. Lo fa in modo piuttosto insistente, ma forse questa è soltanto la mia impressione. Mi guarda stupita forse pensando: – Questa qui non mi sembra particolarmente magra! Come fa a mangiare quasi niente?
Purtroppo non può sapere che il mio intestino fa i capricci e in questi giorni mi nutro quasi esclusivamente di soddisfazione e appagamento.
Nel pomeriggio si riparte per una passeggiata che ci porterà in mezzo alla tundra. Lungo il percorso incontriamo diversi orsi che pescano lungo i torrenti o si riposano pacificamente sulle sponde, a volte accoccolati gli uni sugli altri.
L’acqua trasparente di un calmo rigagnolo ci svela la presenza di un reggimento di salmoni rossi che segue caparbiamente il suo viaggio.
L’orologio della natura scandisce i suoi tempi in modo sapiente. Qui ognuno ha il proprio ruolo e persegue il suo scopo in un equilibrio perfetto. Niente accade per caso e tutto ha un ordine ed un bilanciamento.
In mezzo all’erba della tundra compaiono numerosi fiori dai colori sgargianti. Fra tutti, per la loro bellezza, emergono i gigli arancioni e gli iris color violetto. Il tempo è dalla nostra parte. Ci sediamo per un po’ a riposarci fra l’erba della distesa erbosa ed il sole splende nel cielo. Cosa chiedere di più?
Giovedì 3 agosto
Come sempre, appena ci alziamo e guardiamo fuori, vediamo alcuni orsi che si aggirano lì intorno, in mezzo alla vegetazione, a pochi metri dalle passerelle di legno che circondano il perimetro del lodge.
Sembrano sempre molto indaffarati e non si curano minimamente di noi, anche quando ci troviamo a pochi passi da loro, appena dietro il filo elettrificato.
Il cielo è basso e imbronciato ma il sole, ogni tanto, prova a sbucare fra le nuvole. Si parte con il pranzo al sacco e gli stivali di gomma per una lunghissima passeggiata che ci porterà ai piedi di un’alta falesia composta prevalentemente da cenere lavica.
Il sentiero si infila nel bosco e gli incontri ravvicinati con gli orsi sono piuttosto numerosi. Li vediamo che nuotano abilmente trasportati dalla corrente del fiume. Hanno una vista eccellente, perché l’acqua è torbida, ma riescono comunque ad intravvedere e catturare i salmoni.

Proseguo il cammino in silenzio pensando a questa fantastica opportunità di avere un contatto vero e tangibile con una natura integra e selvaggia. Lo ritengo un privilegio e una fortuna. Questa esperienza mi sta caricando di una forte energia spirituale e mi rigenera l’anima. Sapere che ci sono ancora questi angoli di paradiso dove la natura è ancora padrona e viene tutelata e rispettata, mi dà speranza e conforto.
Guadiamo più volte i torrenti e raggiungiamo la nostra destinazione finale in tempo per uno spuntino. Gli orsi continuano imperterriti le loro attività e ci passano accanto senza curarsi troppo di noi. Qualche sguardo di sfuggita nasconde i loro indecifrabili pensieri.
Il tempo cambia repentinamente e grossi nuvoloni neri annunciano un imminente acquazzone.
Nel sentiero del ritorno camminiamo incappucciati fra una pioggerellina fitta ed insistente che però non ci vieta di incontrare nuovamente qualche amico peloso che continua imperterrito a pescare o si riposa beatamente sui bordi del fiume.Uno di loro ha assunto una buffa posizione che sembra simulare un atto di preghiera: le zampe protese in avanti si uniscono e si congiungono a mo’ di mani giunte in segno di supplica. Ha un’espressione angelica e piuttosto comica, sicuramente da foto ricordo.

Konstantin ci chiede se lungo il percorso vogliamo nuovamente fermarci al capanno degli orsi. Che domande sono! Certo che sì.
Una soffice nebbiolina è scesa sul lago donandogli un aspetto fiabesco. Ci sono pochi orsi nei suoi meandri e appaiono piuttosto pigri e sonnolenti. Sembra quasi che evitino mestamente il nostro addio.
Il silenzio è magico, l’atmosfera è grandiosa. E’ il nostro ultimo giorno qui e, complice il paesaggio incantato e un po’ malinconico, mi sento assalire da una sottile amarezza che sa di abbandono. Non sarà facile trovare un altro luogo bello e selvaggio come questo che può essere raggiunto soltanto in elicottero. I telefoni (hurrà!) non funzionano. Internet è una parola sconosciuta. Non ci sono i pali e i fili della luce a deturpare lo splendido paesaggio. La corrente elettrica viene prodotta da un generatore per pochissime ore al giorno. D’inverno non rimane nessuno, soltanto gli impavidi Lana e Kostantin. Questo posto mi mancherà: questo è ormai certo.
Durante il sentiero del ritorno mi incanto a guardare il lodge in lontananza, con la sua posizione strategica, aggrappato saldamente ad una piccola collina, in posizione dominante sull’acqua limpida del lago.
Un orso ci precede lungo il sentiero. Ogni tanto si gira a guardarci, visibilmente infastidito e contrariato dalla condivisione di quel percorso con seccanti esseri vaganti che gli fanno fretta. Tipico comportamento scorbutico da orso!!!
Peccato dover partire e salutare quei bisbetici lanosi. Peccato dover salutare i nostri ranger prediletti, esempio di coraggio e devozione.
Venerdì 4 agosto
In mattinata le nostre valigie sono già pronte sul balcone di legno del lodge. Aspettiamo l’arrivo dell’elicottero che ci riporterà a Petropavlovsk. Nell’attesa torniamo al capanno che si affaccia sul tornante del lago amato dagli orsi. E’ il nostro cinema all’aperto preferito.
Nei momenti di pausa in cui non succede nulla e gli orsi si tengono a distanza, Lana ci mostra qualche foto e alcuni video che ha realizzato nel parco con il suo cellulare.
Si vedono orsi che lottano, il paesaggio invernale ammantato di neve e un orso intrufolato nel bagno delle signore. Ma come! Non dovrebbero esserci i fili elettrificati che circondano la struttura? Mah! Chissà, forse in inverno, quando non ci sono visitatori, non vengono messi in funzione.

Oggi Lana è particolarmente loquace e sorridente. La naturale diffidenza sembra scomparsa e si mostra socievole e ben disposta nei nostri confronti. Ha imparato a conoscerci e credo ci stimi. Peccato sia ormai giunto il momento di salutarci.
Quando il primo approccio risulta altero e un po’ scostante si crea una visione distorta della realtà. Scambiamo spesso il bisogno di tempo per osservarsi, studiarsi, conoscersi e fidarsi l’uno dell’altro come un segno di scontrosità.
Avere un carattere più aperto, meno sospettoso e incline all’incontro, non è sempre sinonimo di persona amichevole e sincera. E alla fine dei conti non è l’approccio caloroso quello che conta, ma il rispetto e la stima che riesci ad ottenere e poi a restituire.
Arriva il nostro elicottero con un numero consistente di nuovi visitatori: sono sedici.
Carichiamo i nostri bagagli e ci apprestiamo a salutare i nostri due eroici amici che per l’occasione hanno messo gli abiti “delle grandi occasioni”. Ci salutano con un forte e caloroso abbraccio ed un sorriso sincero.
Mentre l’elicottero si alza dal suolo e sorvola il lodge adagiato sul lago, mi affaccio a guardare quel luogo da sogno e so già che l’immagine di questo posto rimarrà per sempre stampata nella mia mente come un’istantanea indelebile ed immortale.
Vedo Kostantin e Lana con le braccia alzate in segno di saluto. Ci seguono con lo sguardo e le mani sollevate finché non scompariamo alla loro vista. Mi viene quasi da piangere.
Non mi ricordo di averli visti così gioviali e premurosi il giorno in cui sono partite le persone che erano qui prima di noi. Io ero sul balcone del lodge per riprendere la partenza dell’elicottero che si allontanava, ma loro due non c’erano. O forse mi sono sbagliata e mi piace pensare che sia così.
Guardo fuori dall’oblò e penso a loro. Li immagino lì, in inverno, da soli, a sostenere questa battaglia fondamentale per la sopravvivenza e la tutela di quel luogo, scopo della loro vita. Magnifiche persone. Combattenti ammirevoli.
A Petropavlovsk riprendo in mano il mio cellulare. Non mi mancava di certo, ma sono piuttosto gasata ed elettrizzata ed ho voglia di condividere le immagini più belle e galvanizzanti del nostro soggiorno sul lago Kuril con alcuni dei miei amici.
Un bellissimo e dettagliato racconto di una favolosa avventura, vissuta lontano dal caos delle città ma soprattutto a tu per tu con natura incontaminata, meravigliosi paesaggi e con quelle magnifiche ma temibili creature chiamati orsi. Davvero una bella narrazione, soprattutto coinvolgente. Tra le parole si legge la passione per i viaggi e le bellezze naturali.
Racconto emozionante e coinvolgente, ad opera di un animo puro e incontaminato, proprio come i paesaggi descritti.
Tra le righe si viene avvolti dalla magia di quei posti così lontani , e per un attimo…..sembra di essere proprio li.
È stupendo tutto ciò…
Grazie per l’infinita bellezza condivisa…
Mentre ero immersa nella lettura per un attimo mi è sembrato di essere lì …Bellissimo racconto, coinvolgente emozionante ed esaustivo.
Un viaggio così è un sogno.
Meraviglia…un viaggio di pura pace… leggendo sembra veramente di essere lì in questo
Mondo così Naturale…grazie Simo per averci per un attimo trasportati in questo scenario magico e incredibile!!! Una passione speciale come te!
Grazie per aver condiviso questa bellissima esperienza, le immagini e soprattutto le emozioni emergono con viva intensità, merito di un animo sensibile e di una spiccata capacità di percepire le energie sottili che circondano le cose.
Come ti ho detto, ricordavo queste fotografie.parliamo della tua passione(sin da piccola l’, avevi) per gli animali e i viaggi condivisi oggi e amati da Carlo. Nel tuo ” scritto” c’è una gioia intensa di essere protagonista, insieme ad altre persone, nel vedere tante bellezze naturali e animali di ogni specie!! Io e mamma ti i” invidiamo” un pochino!!!
Con la tua sensibilità e il coinvolgente stile narrativo che ti e’ proprio, sei riuscita a “trasportarci ” in un luogo cosi’ speciale, dove la natura è ancora incontaminata e selvaggia e a farci vivere le intense emozioni che hai condiviso con Carlo.
Un luogo incantato in cui l’essere umano può riappacificarsi con se stesso e con gli altri . Rileggeremo con piacere il tuo racconto con i nostri nipotini!