L‘orso polare (Ursus Maritimus) è da sempre il simbolo dell‘Artico, ma non solo, esso è l‘animale più ammirato e temuto da tutti gli abitanti del grande nord. Nanuk, il suo nome Inuit, non solo è stato utilizzato per creare miti e leggende ma molto apprezzato per via della sua pelliccia, ottima per fabbricare caldi vestiti. Il proprietario di un paio di pantaloni di pelliccia di orso era riconosciuto come un grande cacciatore in quanto solo gli uomini più coraggiosi e abili osavano affrontare i plantigradi. Non solo l‘orso era temuto come un pericoloso nemico ma si pensava che esso potesse udire gli uomini da grandi distanze e comprendere il loro linguaggio, diventando così impossibile da sorprendere.
Gli orsi polari hanno una grande forza e nella breve distanza sono sorprendentemente veloci, dispongono di una grande accelerazione e sono in grado di correre sul ghiaccio senza scivolare. Se si escludono gli uomini essi non hanno pedatori, in molte zone del loro areale sono protetti e quindi non hanno timore degli umani, questo ovviamente può causare molti problemi. Per esempio, quando in estate la banchisa delle Svalbard si ritira, alcuni esemplari rimangono bloccati sulle isole più meridionali. Solitamente si tratta di orsi di 3 anni di età che hanno appena iniziato a provvedere a se stessi, principalmente maschi in quanto le femmine sono più astute. Incapaci di trovare cibo e troppo distanti dal pack per raggiungerlo a nuoto, questi esemplari affamati diventano molto aggressivi e in alcuni casi possono anche attaccare l‘uomo per ucciderlo. Situazioni potenzialmente pericolose possono anche verificarsi con orsi ben nutriti in quanto questi animali sono naturalmente curiosi e a volte si avvicinano agli uomini semplicemente per soddisfare la curiosità. Questi incontri, seppure molto eccitanti per il viaggiatore, possono rivelarsi rischiosi in quanto i plantigradi potrebebro diventare improvvisamente aggressivi senza una ragione apparente. Un movimento strano o improvviso potrebbe spaventare l‘animale ed essere percepito da esso come una provocazione scatenando un attacco, veloce e senza nessun avvertimento. Un orso prima di attaccare potrebbe soffiare con forza dal naso, aprire e schioccare la bocca, abbassare la testa oppure muoverla da un lato all‘altro ma potrebbe anche al contrario non fare nessuna di queste cose.

I PRIMI ORSI POLARI
L‘orso polare ha nell‘evoluzione una storia relativamente recente. Quando esattamente il primo orso polare si sia diversificato dal suo antenato non si sa, questo perchè sono stati ritrovati pochissimi fossili di questi orsi antichi. Sono ad esempio disponibili molti scheletri completi di orso delle caverne in quanto essi spesso morivano all‘interno delle loro caverne e le ossa venivano così preservate. Probabilmente le ossa dei primi orsi polari erano in un ambiente che non permetteva loro di fossilizzarsi. Malgrado questo gli scienziati sono riusciti, con l‘aiuto di alcuni campioni, a collocare i primi orsi polari nel Pleistocene, il tempo dei mammoth lanosi, tigri dai denti a sciabola e orsi delle caverne.
Durante il Pleistocene l‘orso delle caverne si è evoluto in una specie più piccola ma simile di orso bruno. I fossili dei primi orsi polari a disposizione non chiariscono quale di queste due specie sia il suo parente più stretto. Studi di ossa e denti hanno però dimostrato come essi si siano evoluti dall‘orso bruno presumibilmente da qualche parte lungo la costa Artica dell‘Asia.

Durante periodi interglaciali del Pleistocene le condizioni climatiche sarebbero state simili a quelle attuali ed è stato probabilmente 100.000/200.000 anni fa che gli antenati degli attuali orsi polari hanno iniziato a vagare sulla banchisa. Gran parte degli orsi sono onnivori e così possono essere molto opportunisti e flessibili nella loro alimentazione. Anche oggi nell‘Artico canadese sono stati osservati orsi bruni avventurarsi nel pack alla ricerca di carcasse di foche lasciate dagli orsi polari o cacciare i cuccioli di foca nelle loro cavità nel ghiaccio. Come si capisce facilmente da queste osservazioni la distanza tra gli orsi „terrestri“ e i loro cugini „marini“ non è molto grande e questo è quanto probabilmente succedette nel Pleistocene.
Gli orsi hanno buona memoria e imparano velocemente così gli animali che per primi si spinsero sul pack, trovando disponibilità di prede e nessun competitore, continuarono a ritornarci e iniziarono a portare con essi anche i cuccioli.
Gli orsi bruni possono avere colori molto diversi tra essi e la loro pelliccia può variare dal marrone scuro fino al biondo chiaro; non è difficile immaginare che gli esemplari più chiari, solo perchè più mimetizzati nell‘ambiente, siano diventati migliori cacciatori sul ghiaccio. Gli antichi orsi polari si sono adattati velocemente al nuovo ambiente. Durante i periodi delle glaciazioni i loro cugini, gli orsi bruni, furono forzati a spostarsi verso sud per sfuggire ai ghiacci. La popolazione di „orsi dei ghiacci“ era già abbastanza sviluppata per rimanere nell‘Artico dove era in grado di sopravvivere cacciando le foche durante l‘inverno così da separare ulteriormente le due „specie“. Le femmine potevano scavare le loro tane nel ghiaccio e siccome le foche erano disponibili tutto l‘anno il bisogno del letargo diventò meno pressante.

Anche se sono completamente diversi nella colorazione e il loro corpo è adatto a vivere in un ambiente più freddo e acquatico, gli orsi polari e quelli bruni rimangono parenti stretti nella loro fisiologia. Entrambi appartengono allo stesso gene, Ursus, e quando si accoppiano tra di loro i discendenti sono altamente fertili, ciò prova che non sono così distanti tra essi e che l‘orso polare è una giovane specie che solo recentemente si è avventurata sulla banchisa.
Le foche ben presto impararono che un nuovo predatore era arrivato nel loro territorio e cominciarono a sviluppare strategie di difesa, l‘orso di conseguenza introdusse nuove tecniche per aumentare le possibilità di caccia. Dopo circa 100.000 anni, l‘ecologia, l‘habitat e la riproduzione di entrambi, preda e predatore, cominciarono ad andare di pari passo. Questo processo prosegue ancora oggi e il risultato è un mammifero marino con grandi capacità di sopravvivenza nel più estremo ambiente naturale del mondo, il ghiaccio marino dell‘alto Artico.
IDENTIFICAZIONE
Animale massiccio dal lungo collo e dalle orecchie e coda piuttosto piccole. L‘orso polare ha grandi zampe, un utile adattamento al nuoto nel quale quelle anteriori vengono utilizzate come remi, e a camminare sulla neve e sul ghiaccio, dove si comportano come vere e proprie racchette da neve, distribuendo il peso del plantigrado su di una maggiore superficie. La pelliccia, ritenuta comunemente bianca è invece color panna o giallo chiaro, in alcuni casi anche giallo oro pallido. Anche se gli orsi polari sono animali molto puliti, spesso infatti nuotano o si leccano per pulire la loro pelliccia, la testa e le zampe anteriori possono essere colorate di rosso o marrone dal sangue o grasso di foca. La pelliccia è composta da una parte più fitta interna che può raggiungere i 5 cm. di lunghezza e da una esterna che arriva fino a 15 cm. I peli si presentano cavi al loro interno e l‘aria nella cavità funge da isolante. Sotto la pelle è presente uno spesso strato di grasso che va da 5 a 15 cm. La pelliccia ha la proprietà di rilasciare l‘acqua velocemente così che essa è in grado di riguadagnare la propria capacità isolante in tempi brevi dopo l‘uscita dell‘animale dal mare. Anche se le proprietà isolanti della pelliccia risultano molto ridotte nell‘acqua la tempeatura al suo interno è di solito molto superiore a quella dell‘aria. Per eliminare l‘acqua dalla pelliccia l‘orso si scrolla e occasionalmente si strofina nella neve.
Il naso dei plantigradi risulta essere molto più pronunciato negli esemplari maschi che nelle femmine, esso è nero come le labbra, mentre l‘iride è di colore marrone. Le unghie sono marrone scuro con le estremità più chiare, sono molto affilate, probabilmente un adattamento per afferrare le foche. La parte nuda della suola delle zampe è ricoperta da soffici papille che insieme con i peli che ricoprono la parte rimanente aumentano molto la tenuta sul ghiaccio.
Essendo carnivori e disponendo di un eccellente isolamento termico gli orsi polari sono attivi anche durante l‘inverno (con l‘eccezione delle femmine gravide), occasionalmente scavano tane o permettono alla neve di ricoprirli per brevi periodi per sfuggire a condizioni climatiche estreme. Questi animali sono così ben protetti dal freddo che per essi è più pericoloso il surriscaldamento che non l‘ipotermia; la loro andatura lenta e compassata è certamente una delle loro strategie per evitare il surriscaldamento. La velocità normale di un orso polare è di circa 4,5 Km/h, al raggiungimento di 7 km/h la sua temperatura corporea passa da 37°C a 39°C e il plantigrado avverte caldo, detto questo può raggiungere la ragguardevole velocità di 40 km/h. Per abbassare la sua temperatura corporea l‘orso si immerge nelle gelide acque polari, inoltre esso può rilasciare calore dal naso, dalla bocca, dalle suole e anche dall‘interno delle cosce, come dimostrano le fotografie di orsi sdraiati sulla schiena con le zampe per aria. Questa posa a volte comica è molto importante in quanto espone all‘aria la maggior superficie di raffreddamento possibile. Presso Churchill, in Canada, in estate sono stati osservati esemplari scavare tane profonde anche 6 mt. allo scopo di sfuggire al caldo. In acqua essi raggiungono la velocità di 2/3 km/h e utilizzano per nuotare solo le zampe anteriori mentre quelle posteriori rimangono ferme anche se occasionalmente sembra siano utilizzate da timone. Gli orsi polari si spostano spesso a nuoto, probabilmente perchè l‘acqua è in grado di raffreddare il loro corpo meglio dell‘aria. Ci sono casi di orsi trovati in mare aperto fino anche a 100 km di distanza dalle coste o dalla banchisa, probabilmente a causa del fatto di non essere riusciti a seguire il ghiaccio marino.
Essi hanno da 34 a 42 denti.

DIMENSIONI
Gli esemplari maschi possono raggiungere la lunghezza di 240 cm. e il peso di 350/650 kg (con punte di 800 kg) mentre le femmine i 200 cm. per un peso di 150/300 kg, con un‘altezza alla spalla di 150 cm.
COMUNICAZIONE
Di solito silenziosi essi dispongono però di un limitato repertorio di sbuffi e raramente anche di versi.
DISTRIBUZIONE
Circumpolare, principalmente in prossimità della banchisa, anche se occasionalmente sono stati avvistati orsi polari nell‘entroterra e anche ad una certa quota. I ricercatori ne hanno identificato diverse popolazioni distinte (da 6 fino a 20) che paiono non avere rapporti tra di esse. Questi plantigradi sono solo debolmente territoriali; in effetti, siccome l‘estensione dei ghiacci e quindi la presenza delle foche variano sensibilmente di anno in anno, non ha molto senso mantenere un territorio. Detto questo per supportare un orso polare è necessaria un‘estensione territoriale di 70/125000 kmq, con punte di 300000 kmq. Sono stati osservati esemplari in luoghi diversi distanti oltre 1000 km uno dall‘altro, essi si spostano seguendo il ghiaccio marino e il loro areale non si sovrappone mai a quello degli orsi bruni. Il limite meridionale di distribuzione dipende dalle condizioni dei ghiacci, in rare circostanze sono stati avvistati esemplari in Islanda, Lapponia, Kamchatka e anche Hokkaido, l‘isola più settentrionale del Giappone. La popolazione di James Bay, in Canada, costituisce un‘eccezione in quando risiede stabilmente ad una latitudine equivalente a quella di Londra. Questi orsi, così come i loro cugini della vicina Churchill, durante l‘estate sono costretti a vivere a terra a causa dello scioglimento totale del pack. Devono dunque attendere, nutrirsi quando possibile di bacche e altri vegetali, ma principalmente digiunare fino a quando non si forma nuovamente il ghiaccio. Lungo la costa occidentale della baia di Hudson la banchisa si forma a cominciare da cape Churchill e questo spiega la congregazione di plantigradi che ogni anno si recano qui per approfittare delle opportunità di caccia che il ghiaccio offre il prima possibile.

DIETA
Caccia foche, principalmente della specie dagli anelli, trichechi (anche se solo in caso di estrema necessità, e in ogni caso esclusivamente esemplari giovani o malati), beluga e narvali (se intrappolati nel pack), se se ne presenta l‘opportunità anche volpi e uccelli. Se si prendono in considerazione le energie spese per catturare un‘oca e l‘apporto energetico che l‘orso avrà dal consumo della stessa, per apportre benefit al plantigrado è necessario che l‘operazione duri meno di 12 secondi; per questo motivo gli orsi, anche se sono giovani e inesperti, non cacciano mai piccole prede. Spesso essi consumano solo il grasso e la pelle delle foche lasciando la carne, mangiata da volpi e gabbiani. Il grado di consumo della preda dipende però dalle condizioni del plantigrado, per esempio le femmine adulte appena uscite dalla tana dopo la maternità e accompagnate dai cuccioli consumeranno tutta la preda ad eccezione delle ossa più grandi e del cranio. Gli orsi polari cacciano fiutando i cuccioli di foca nei loro rifugi nel pack e foche adulte attendendole pazientemente appostati in prossimità dei fori nella banchisa dai quali queste ultime escono per respirare. In estate, con la rottura del ghiaccio marino, per gli animali che vivono più a sud la percentuale di successo nella caccia crolla vistosamente, fino a passare ad una foca ogni 5 giorni e infine a raggiungere il punto nel quale all‘orso non conviene investire ulteriori energie nella caccia. A quel punto gli animali cercano di raggiungere la terra ferma dove, in attesa della formazione del nuovo ghiaccio, troveranno alghe e bacche. In questo periodo essi sono solitamente inattivi, in modo particolare nei giorni più caldi, per ridurre la perdita di energie e prevenire il surriscaldamento.

RIPRODUZIONE
Solitario, ma gruppi si formano in caso di abbondanza di cibo, come nel caso in cui ci sia una carcassa di balena, e durante l‘attesa per la formazione del nuovo ghiaccio marino. Queste aggregazioni sono principalmente pacifiche con episodi di lotta/gioco piuttosto che vere e proprie aggressioni. Quando sono alla ricerca di una compagna, i maschi sono molto aggressivi tra essi e se necessario uccidono i cuccioli per potersi accoppiare con la loro madre. Trovata la femmina pronta all‘accoppiamento il maschio la spinge in un‘area povera di prede per evitare la possibile interferenza di altri maschi. L‘ovulazione è un processo che richiede molti accoppiamenti in un periodo di alcuni giorni per aver successo, altrimenti la fertilizzazione non avviene. In caso di fallimento la femmina si accoppierà con un altro maschio.
L‘accoppiamento avviene in primavera o all‘inizio dell‘estate ma l‘impianto della blastocisti viene ritardato fino al tardo autunno. La femmina solitamente scava una tana nella neve sulla terraferma in prossimità del mare e solo in alcuni casi, come ad esempio nel mare di Beaufort, la cavità si trova nei ghiacci marini perenni a 200/300 km dalla costa. La tana è costituita da un singolo spazio anche se ne sono state osservate con più camere. 200/250 giorni dopo l‘accoppiamento, la vera gestazione a causa del ritardo nell‘impianto è di circa 60 giorni, nascono da uno a tre cuccioli, solitamente due raramente anche quattro. Il cucciolo appena nato pesa circa 600 grammi e misura 40 cm, è ricoperto da una finissima peluria lunga circa 2 cm che lo fa sembrare nudo. Apre gli occhi dopo circa 25 giorni. La femmina all‘interno della tana cade in una sorta di torpore, anche durante il parto, ma mantiene la sua temperatura corporea nel caso in cui dovesse difendere il suo cucciolo il quale, all‘interno della tana, è protetto dalle dure condizioni dell‘inverno artico. Il piccolo prende il nutrimento dalla madre anche se essa è in letargo. Il latte dell‘orso polare contiene il 33% di grasso, la percentuale maggiore tra gli orsi, comparabile con quella dei cetacei e inferiore solo a quella delle foche, e il 48% di solidi. Durante l‘inverno la femmina può perdere fino al 50% del suo peso corporeo. Ad esempio nel sud della baia di Hudson e nella baia di James, a causa dei tempi di formazione della banchisa, le femmine gravide devono spesso affrontare lunghi periodi, anche fino ad 8 mesi, senza nutrirsi, partorendo e allattando i cuccioli.

Le madri e i cuccioli emergono dalle tane in marzo o aprile quando questi ultimi hanno raggiunto un peso variabile tra 5 e 20 kg, proprio in coincidenza con il momento di massima concentrazione di cuccioli di foca dagli anelli. Il corpo di queste foche è costituito per il 50/75% di grasso e alcuni orsi si nutrono abbastanza per sopravvivere per tutto l‘anno grazie a questa caccia soltanto.
I nuovi nati staranno con la madre per circa 30 mesi, quando lei sarà pronta per accoppiarsi nuovamente, l‘intero ciclo dura quindi circa 3 anni. Siccome il numero di esemplari maschi e femmine è approssimativamente equivalente il rapporto maschi/femmine di orsi pronti all‘accoppiamento sarà di 3 a 1, fatto che spiega la feroce competizione tra i maschi. Questi ultimi sono pronti all‘accoppiamento all‘età di 3 anni, le femmine a 3/7 anni.

POPOLAZIONE
Fare una stima del numero totale di orsi polari è molto difficile, essi vivono sul pack, un ambiente inospitale, e non sono equamente distribuiti. Alcuni scienziati hanno tentato di contarli utilizzando fotografie aeree all‘infrarosso, purtroppo senza successo in quanto i plantigradi sono così ben isolati che sulla foto si nota solamente un piccolo punto, il fiato dell‘animale. Nell‘ultima parte degli anni ’60 le nazioni affacciate sull‘Artico hanno fatto dei censimenti basati su osservazioni fatte da stazioni scientifiche, elicotteri e navi a seguito dei quali nel 1970 la popolazione di orsi polari fu stimata in 10.000 esemplari.
Una stima attuale realistica indica il loro numero in 25.000/30.000, questo significa che, grazie ad un attento programma di tutela, la popolazione è triplicata in 40 anni. Ad esempio la popolazione che occupa le isole Svalbard e la Terra di Francesco Giuseppe conta oggi circa 3.000 animali, un numero che gli scienziati ritengono sia simile a quello originario.
Grazie per un articolo molto ricco di informazioni su un tema che mi affascina
Complimenti per l’articolo così completo e interessante!
Che carini ! Mi verrebbe voglia di abbracciarmeli se fossi lì 🙂