Islanda (Icesland) letteralmente “Terra di ghiaccio”.
Personalmente lo trovo un nome molto riduttivo, perchè in questa lontana isola, situata nell’Oceano Atlantico, si concentrano tutti gli elementi primordiali che costituiscono la terra. Montagne di diverse conformazioni rocciose, vulcani, geyser, fiumi, pianure di sabbia, cascate di acqua che precipitano in verdi prati, magma e, per l’appunto, ghiacciai. Il tutto circondato dall’Oceano e dominato da un cielo, a volte coperto da dense nubi, che celano le costellazioni della volta polare, altre limpidissimo, dove fluttua la meravigliosa luce delle aurore boreali. Un’isola che racchiude un fuoco perenne come l’Inferno, un suolo tetro pesante come un Purgatorio e ghiacciai bianchi come le nuvole, illuminati dalle tenui luci artiche che danno la sensazione di muoversi in una specie di Paradiso. Sembra quasi che tutti questi elementi, presenti nelle varie parti della sfera terrestre, siano stati risucchiati in questo sperduto lembo di terra per essere poi inghiottiti nell’interno delle sue viscere e dare luogo ad un mondo sotterraneo.

Disegno di Alison M. Kerr – Panorama Islandese
“Discendi nel cratere di Yocul dello Sneffels che l’ombra dello Scartaris viene a lambire prima delle calende di luglio, viaggiatore ardito, e perverrai al centro della Terra. E questo ho fatto io. Arne Saknussemm.” E’ questo il messaggio cifrato, in caratteri runici, che Jules Verne descrive nel romanzo “Voyage au centre de la Terre”(1864). C’è da chiedersi perché con tutte le caverne, grotte, anfratti, vulcani disseminati per l’Europa doveva scegliere proprio l’Islanda e poi attendere l’evento astronomico per individuare la “magica” entrata. Forse perché quest’isola anticamente era chiamata Tule? “Ultima terra conoscibile” così l’aveva definita il poeta latino Virgilio. Oppure perché celava un segreto? Di certo si sa che Verne apparteneva a dei club “esoterici” e forse …. C’è da dire che l’uomo ha sempre rivolto gli occhi verso il cielo, guardando le stelle, osservando il movimento dei pianeti, quasi a cercare qualcosa come una forza, una conoscenza che percepiva esistere ma gli sfuggiva, che non riusciva a decifrare e a farla propria. Il connubio indissolubile fra il mondo terrestre e quello astronomico.
Ma ritorniamo alla nostra isola. Per avere i primi riscontri della sua esistenza bisogna risalire all’esploratore greco Pitea (Pytheas), che partito da Marsiglia, correva l’anno 330 a.C., si spinse ad esplorare i Mari del Nord e, a sei giorni di navigazione dalla Britannia, raggiunse le sponde di questa terra “fatta di ghiaccio e fuoco e dove la luce del sole c’è solo per sei mesi e poi la notte”. All’epoca quasi nessuno gli credette. Solo Ipparco ed Eratostene trovarono in quelle parole conferma ai loro studi matematici ed astronomici.
Successivamente, stando alle “saghe islandesi”, furono i Vichinghi, provenienti dalle attuali Isole FarOer, a raggiungere l’isola guidati da un certo Naddoddr. Trovandola disabitata e in pieno clima invernale fecero ritorno donde erano venuti per ritornarci in un periodo migliore e abitarla.

La sua ubicazione a mezzo Oceano Atlantico divenne un punto di partenza per le esplorazioni del Continente Americano, con il leggendario Leif Erikson (Erik il Rosso). Con l’insediamento nell’isola incominciò la storia degli eventi meglio descritti nelle succitate “saghe” e tutti circondati da forze misteriose, magiche, capaci di far sì che un ghiacciaio di 8.500 chilometri quadrati, che avvolge il massiccio dell’Hvannadalshnukur, considerata montagna sacra, riesca a seppellire sotto di sé vulcani che dormono vivi, ed è pertanto chiamato la “Porta dell’Inferno”. Ma non solo, questo luogo magico è anche la sede dell’ Huldulfolk, ovvero degli Elfi e si sa che essi vivono in simbiosi con la natura e ne rappresentano tutti gli elementi: la terra, l’acqua, il fuoco, l’aria e …il cielo. La vita sull’isola continua, come si suole dire, fra alti e bassi fino a quando nell’estate del 1216 il poeta Snorri Sturlusson viene eletto capo di tutte le tribù delle quattro regioni dell’isola. Gli storici attestano che alla “Althing”, una sorta di primo parlamento islandese, tenutasi nella piana di Thingvellir, egli si era recato con uno straniero di nome Herebert, uomo esperto d’armi e, l’anno successivo, si era nuovamente presentato al parlamento estivo con una scorta militare di ottanta uomini “meridionali” armati di scudi e corazze, tutti stranamente vestiti allo stesso modo. Mai in Islanda era apparso un evento simile e nessuno seppe mai capacitarsi. Forse erano i famosi “Templari”? Comunque, dopo un pò di tempo, come erano arrivati, scomparvero non prima però di ottenere il permesso di fare un “qualche cosa” sul suolo della magica isola.
L’Ordine dei Templari nacque ufficialmente nel 1129 con il periodo delle “Crociate” per proteggere dai Mussulmani i pellegrini che si recavano in Terrasanta. Iniziarono come un ordine povero, ma ben presto diventarono una potenza ricca economicamente e, grazie anche all’accesso a testi sacri, reliquie, dottrine filosofiche e religiose, una forte setta esoterica. La conoscenza di questi insegnamenti segreti non poteva e non doveva essere divulgata se non a pochi, a degli eletti, a dei Maestri che si distinguessero nelle arti, e a loro era deposta la facoltà di rivelazione della verità occulta, del significato nascosto.

Ma l’Ordine dei Templari non visse a lungo, le grandi ricchezze che avevano accumulato ed il forte potere che esercitavano suscitarono forti invidie e gelosie dei potenti europei dell’epoca, fra i primi il re di Francia, Filippo il Bello, che con l’appoggio di Roma cercò di sterminarli tutti, ma alcuni si salvarono. Molti confluirono segretamente in altri ordini minori, altri si rifugiarono in Portogallo e Scozia, ma soprattutto l’elite, ovvero la cerchia più segreta e depositaria della gnosi dell’Ordine Templare, sopravvisse protetta dall’anonimato. Ma cosa avevano trovato i Templari nel Tempio di Gerusalemme? E se avevano portato con sé un “qualche cosa” dove lo avevano nascosto? Ma soprattutto chi erano gli “Eletti” a cui vennero tramandate queste risposte?

Osservando i dipinti di alcuni grandi artisti Medioevali e del Rinascimento si può cogliere nelle raffigurazioni una chiave di lettura che va ben al di là della rappresentazione pittorica. Perché il Botticelli nel famoso quadro della “Primavera” usa un “codice digitale” ossia un vero linguaggio di gesti in uso nei monasteri medievali per non disturbare la meditazione? E che cosa rivela questa codificazione? Nel dipinto dell’ “Ultima Cena” Leonardo da Vinci con precisione matematica fornisce l’itinerario di un “viaggio”, ma ancor di più le coordinate precise ed il profilo di una località situata guarda caso in Islanda. Cosa voleva tramandare Raffaello nei dodici dipinti della “ Stanza della Segnatura” raffigurando in alcuni di essi la figura di Dante e addirittura del Bramante che legge la “Divina Commedia”? Tutti “Eletti”? Sembra di sì, e tutti si riferivano al “Sommo Poeta”.
E allora non resta che rileggere l”Opera” come d’altronde Lui stesso ci aveva invitato a farlo:
“O voi ch’avete li’ntelletti sani,
mirate la dottrina che s’asconde
sotto ‘l velame de li versi strani.”
Inferno IX, 61-63
Arrivederci alla prossima puntata.
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