Quindi non più leggere la Divina Commedia con i suoi rimandi allegorici, storici e morali ma bensì in modo letterale tenendo conto del linguaggio criptato, decifrando le sillabe, il numero della collocazione dei versi e partendo dall’ipotesi che sia la storia di un “viaggio” effettuato proprio dall’autore in persona ovvero da Dante. Questa è la chiave di lettura e quanto viene man mano descritto da Giancarlo Gianazza che ha pubblicato le sue ricerche unitamente a Gian Franco Freguglia nel libro “I Custodi del Messaggio” – Sperling & Kupfer – Edizioni. Un lavoro di ricerca incredibile incominciato nel 2002 osservando proprio “La Primavera” del Botticelli che, oltre a svelare la data del 14 marzo 1319 (effettuazione del viaggio, confermata nei primi versi del Paradiso), risulta essere anche la raffigurazione del “Giardino dell’Eden”. Un contemporaneo del Botticelli, che peraltro frequentava la stessa scuola del Verrocchio, guarda caso è Leonardo Da Vinci ed allora l’Ing. Gianazza ha il sospetto che anche quest’ultimo faccia parte degli “eletti” ed incomincia a studiare con attenzione i due più importanti dipinti “l’Ultima cena” e “La gioconda” e le rivelazioni che ne escono da un’accurata decifrazione delle due opere hanno dell’incredibile tanto che l’autore stesso incomincia a nutrire dei dubbi. Trovata la chiave di lettura sia nella Divina Commedia, sia nelle rappresentazioni pittoriche dei due pittori che, peraltro, ritrovano ulteriori conferme esplicite nei dipinti della “Stanza delle Segnatura” di Raffaello, dove in questo caso, l’autore non esita a raffigurare in modo chiaro e inequivocabile Dante, la Divina Commedia, Leonardo da Vinci, un tempio in costruzione e via di seguito, il Gianazza decide che è arrivato il momento di effettuare un sopraluogo in Islanda.
Lo coadiuva nelle ricerche sul campo l’architetto islandese Thorarinn Thorarinsson. Ed ecco che, seguendo le indicazioni fornite sia dal “Cenacolo” e confrontate con il testo della “Divina Commedia”, riescono ad individuare il punto di inizio del “viaggio” lungo il fiume Jokulfall che scorre parallelo alla Kjòlur Route, l’antica strada che va da sud a nord dell’isola. Successivamente, procedendo verso la cascata di Gygiarfoss trovano un anfiteatro naturale (la candida rosa) dove, leggermente sulla destra, c’è una pietra rettangolare alta più di due metri (il trono di Beatrice). Questo è il luogo dove cercare cosa nascosero i Templari. Gli studi per individuare la collocazione esatta di dove scavare si sono fatti sempre più precisi e così pure i sondaggi del terreno (estate 2014). Dall’inizio dello studio sono passati ben dodici anni, ora si è arrivati all’ultimo atto. Sembra che il Governo Islandese sia favorevole, si stanno cercando degli esperti archeologi e dei finanziamenti, l’unico punto sfavorevole sono le condizioni climatiche, massimo un mese e mezzo per lavorare, poi arriverà la neve, il ghiaccio, il buio della notte polare e il tutto dovrà essere rinviato all’anno successivo.
In attesa degli sviluppi godiamoci le bellezze naturali, l’ospitalità della gente, il sogno dell’avventura del “viaggio al centro della terra” e anche questo affascinante “mistero”.
Mie conclusioni completamente opinabili:
Ho avuto la fortuna di girare un po’ per il mondo, o meglio, come lo definisce Renzo, il mio carissimo amico fiorentino (tanto per restare in tema), ho viaggiato “nelle più disparate latitudini di questo caotico, misterioso, puzzolente, affascinante mondo” e devo dire che ho potuto ammirare superbe ed incredibili opere architettoniche. edificate migliaia di anni fa. Quasi tutte in connubio con l’astronomia, come le costellazioni, gli equinozi o solstizi, o direttamente legate ai pianeti, e tutte con un alone di mistero. Come hanno potuto costruirle? Come hanno potuto trasportare tutto il materiale, dato che in alcuni luoghi non conoscevano né l’uso della ruota né avevano animali da soma? Cosa effettivamente rappresentavano?. Basti pensare ai disegni di Nazca in Perù, oppure al Tempio dell’Indovino di Uxmal, o al tempio di Palenque, alle Piramidi egiziane rivolte alla costellazione di Orione, al tempio di Angkor Wat legato alla costellazione del Serpente. Molte risposte sono state date alle domande dei comuni mortali dalle varie ricerche effettuate dagli archeologi, storici e studiosi di varie discipline e d’altronde quei siti sono lì sotto gli occhi di tutti e ritengo che, quella non matematica certezza della verità assoluta, del dubbio che rimane un po’ latente sia anche un aggiunta in più al fascino che emanano. Ma sono lì visibili e palpabili. Quando però si parla di ricerche storiche/scientifiche legate in qualche modo alla religione ecco che il risultato finale sembra improvvisamente svanire, come se un potere o una forza misteriosa intervenga a non voler svelare una verità. Dopo studi, ricerche, decifrazioni, confronti storici, quando si arriva alla soluzione finale, all’ultima porta, neanche chiusa a chiave, che basta spingere la maniglia per aprirla e svelare il “frutto” dell’agognata ricerca, tutto si blocca. E il “mistero” sopravvive. Citerò solo alcuni esempi che ho seguito e, salvo errori di aggiornamento, riportano la situazione sopra accennata.
Molto tempo fa, alcuni studiosi e archeologi affermarono che sotto la zampa destra della Sfinge si celava una camera che avrebbe dovuto contenere dei testi antichi che rivelavano la” storia del mondo”. L’esistenza fu negata, fino a quando a furia di insistere, furono effettuati degli scavi e si trovò la stanza. Risultò vuota (tombaroli?). Gli studiosi affermarono che si trattava di un anticamera e bisognava continuare negli scavi. Il lavoro fu interrotto e non si fece più nulla.
Una leggenda narra che la famosa “Arca dell’Alleanza”( trafugata a Salomone?), finì in Etiopia e fu affidata ai Monaci Copti che risiedevano sul lago Tana. Ancora oggi i Monaci asseriscono che è tenuta segretamente in custodia in un monastero, dove si tramandano la conoscenza del nascondiglio. Il monastero sembra sia stato individuato ma i Monaci non rivelano nulla e “L’Arca” non è mai apparsa.
Fra la Turchia e l’Armenia ci sono due monti chiamati il “piccolo Ararat” ed il “grande Ararat”. Su quest’ultimo, nella Turchia orientale, si intravede sotto il ghiaccio una struttura somigliante ad una grossa barca. Sono state effettuate numerose indagini, fotografie, rilevazioni ed infine l’archeologo Charles Berlitz (l’editore delle famose Guide) riuscì a prelevare un campione di legno e a datarlo con il carbonio 14. La datazione risale all’epoca preistorica del Diluvio Universale. Si tratta forse della famosa “Arca di Noè”? Di fatto ad oggi non è stata più effettuata alcuna ricerca, sembra che non si possa più. Dimenticavo: nel versante opposto, in Armenia, il monte lo hanno sempre chiamato Massis “la madre del mondo” e i Persiani lo chiamavano “Koh-i-nuh” che tradotto significa la “Montagna di Noè”.
Stando alla lettura di alcuni Vangeli, e di particolareggiati manoscritti tibetani e persiani risulta che la tomba di Gesù, si trova a Srinagar, capitale del Cascemir, non lontano da quella di Sua madre Maria, morta nella fuga verso l’est dopo la resurrezione. La tomba “ Rozabal” , contrazione della parola “Rauza Bal” (Rauza = Tomba dei Profeti) è venerata dai discendenti Ebrei, dai Mussulmani, dagli Induisti.
Ora non dico di profanare la tomba ma un riservato studio potrebbe fare luce a quel grande dibattito storico e religioso sulla figura di Gesù, peraltro potrebbero essere effettuati confronti con la “Sacra Sindone”. Ma ora il Rozabal è diventato inaccessibile.
Ecco, questi sono alcuni esempi, e ce ne sono altri, dove la prova di un “reperto” potrebbe fare luce su alcune interpretazioni o, addirittura, svelare la verità sulla “storia dell’umanità”, ma come sempre, al momento cruciale, una nebbia avvolge tutto e quando si dissolve tutto resta come prima.
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