La copertura di ghiaccio presente sull’Oceano Artico è un fattore più importante di quanto si pensasse in passato circa la concentrazione del gas serra metano nell’atmosfera. Gli esperti dell’Alfred Wegener Institute, Centro Helmholtz per le ricerche Polari e Marine (AWI) ha stilato un rapporto sulle interazioni di recente scoperta tra l’atmosfera, il ghiaccio marino e l’oceano in uno studio online sulla rivista Nature’s Scientific Reports.
Il ghiaccio marino forma una barriera naturale sulla parte centrale dell’Oceano Artico, limitando lo scambio di gas tra l’acqua e l’atmosfera. Nel corso degli ultimi anni, in estate, la copertura di ghiaccio presente sul mare Artico si è rapidamente ridotta. “Stiamo indagando per capire gli effetti che le mutate condizioni hanno sull’interazione geochimica tra l’oceano, il ghiaccio e l’atmosfera”, spiega il Dr. Ellen Damm, primo autore dello studio e biogeochimico presso l’Alfred Wegener Institute. “Siamo stati in grado di confermare che l’acqua di superficie nella zona centrale artica contiene concentrazioni di metano superiori rispetto a quelle dell’atmosfera, il che significa che l’Oceano Artico è una potenziale fonte di metano atmosferico. Questo lo rende fondamentalmente diverso dagli oceani a latitudini più basse, che a parte qualche rara eccezione, sono considerati dispersori di metano.
Per lo studio, Damm e i suoi colleghi della AWI, il Finnish Meteorological Institute e l’Università di Brema hanno analizzato i dati geochimici e oceanografici raccolti durante una spedizione in Artico avvenuta nel 2011 a bordo della nave rompighiaccio da ricerca Polarstern.
Durante la spedizione sono stati misurati i livelli di metano sia nel ghiaccio marino che nell’acqua direttamente sotto di esso, che in acque marine più profonde non in contatto con il ghiaccio. “Il nostro studio dimostra che si sono in precedenza trascurate informazioni circa lo scioglimento e la formazione dei ghiacci, l’atmosfera e l’influenza dal ghiaccio sull’acqua di mare “, dice Damm. Gli scienziati hanno inoltre analizzato la soluzione salina, ossia la salamoia, che è costituita da acqua di mare concentrata risultante dalla formazione del ghiaccio marino. Essi hanno scoperto che la salamoia ha una concentrazione di metano mille volte superiore rispetto all’atmosfera; prova che il ghiaccio marino può essere una fonte di metano.
Come risultato dei processi di fusione e di congelamento, il metano presente nei canali pieni di salamoia può essere rilasciato nell’acqua di mare. Inoltre, a causa delle diverse densità di acqua dolce e salata, l’acqua rimane in strati stabili e quindi il metano nei canali di salamoia rimane nello strato d’acqua più alto per tutta l’estate. Quando arrivano le tempeste autunnali e diventa più freddo, diversi strati d’acqua si mescolano (convezione), e questo processo può liberare il gas serra nell’atmosfera. In quel periodo dell’anno la copertura di ghiaccio del mare è molto frammentata e il “coperchio” prima presente sul mare quasi scompare, condizioni queste favorevoli al rilascio di metano nell’atmosfera. La miscelazione dovuta alla convezione continua anche in inverno e il metano continua a fuoriuscire attraverso i conduttori tra i banchi di ghiaccio.
Gli strati di acqua stabili dell’Oceano Artico impediscono la miscelazione del metano a maggiori profondità; le concentrazioni di metano significativamente inferiori (rispetto all’atmosfera) nello strato inferiore non influenzato dal ghiaccio dimostrano questo processo. Questo ha due effetti: in primo luogo, la recente scoperta del descritto meccanismo in prossimità della superficie può portare al rilascio diretto di metano dal ghiaccio marino e dall’oceano nell’atmosfera. In secondo luogo, lo scambio tra atmosfera e il profondo oceano artico è molto ridotto, il che limita anche la capacità dell’Oceano Artico di agire come dissipatore di metano. Il Co-autore e oceanografo dell’AWI Prof. Ursula Schauer riassume l’importanza dello studio come segue: “Il ruolo del ghiaccio marino nello scambio e nel flusso di gas è molto più complesso di quanto precedentemente supposto, e i processi in atto nell’Oceano del Nord sono molto diversi da quelli che avvengono a latitudini inferiori. Questi aspetti devono essere tenuti in considerazione nei modelli climatici futuri.” Lo studio inoltre, fa notare la professoressa, solleva la questione su dove abbia origine il metano. In teoria, esso potrebbe essere prodotto dal ghiaccio marino alla deriva nell’Artico, oppure anche essere intrappolato nel ghiaccio marino ma essere trasportato là da altre regioni.
Fonte: AWI, Bremerhaven
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