Sono sdraiata su di un prato, ovvero su di un letto di fiori: profumi e colori mi circondano e mi fanno sognare. Infatti mi appisolo.
Mi sveglio al ronzio insistente di un insetto… la luce del sole mi abbaglia. Dove sono? Al mare? Ma no! Sono in montagna… ora ricordo. Quest’anno ho avuto la felice idea di seguire Piero in uno dei suoi “Viaggi in Italia” che da un po’ di tempo ha iniziato a fare. Abituata a seguirlo in mete alquanto esotiche in cui riscopro, di tanto in tanto, qualche atmosfera familiare, questa volta mi ritrovo a scoprire, qui “a casa”, qualcosa dell’Altrove.
Bene. Ora racconto tutto con ordine.
Incisione rupestre nella Valle delle Meraviglie.
Sono sulle Alpi Occidentali, tra le Cozie e le Marittime. Andiamo a zonzo per valli e creste per cinque giorni scoprendo una realtà mai vista, almeno per me, anche se sulle Alpi sono stata spesso e volentieri, dalle Marittime alle Friulane. Come sempre succede, però, ogni volta si scopre “un nuovo mondo”, perché gli occhi e lo stato d’animo sono sempre diversi anche se sono sempre i tuoi…
Quello che abbiamo davanti è nuovo, ma le sensazioni e le emozioni si ripetono e questa è una fortuna perché rafforza il nostro senso di continuità, evita che ci si possa frammentare fino a perderci tra le varie esperienze.
E così, salendo e discendendo lungo la strada bianca del Col di Tenda, di fronte ad un panorama mozzafiato, mi sono ritrovata come per magia sulla Jacob’s Ladder nel Parco Nazionale di Ben Lommond in Tasmania. Entrambe le strade sterrate, a stretti tornanti e con discreta pendenza si arrampicano su pareti rocciose alquanto scoscese. Ai loro piedi si apre la valle. Qui in Francia, siamo al confine con l’Italia, boschi e tetti rossi. Al Lommond Park solo boschi, le case sono pochissime…
Panorama alta Via del Sale.
Siamo sul versante sud delle Marittime, per cui è facile intuire all’orizzonte la presenza del mare, anche se una leggera foschia dovuta al caldo di questi giorni ce ne impedisce la vista. Questa posizione geografica ha fatto sì che questo passo fosse zona di transito tra l’interno e il mare, anche se la presenza di questa parete rocciosa così scoscesa e quindi difficile da percorrere suggerì, sin dal ’700 la costruzione di un tunnel lasciando il passo a pochi viandanti tra i quali noi!
Qui in Francia c’è una chicca in più rispetto al Lommond Park: nel Mercantour, riserva naturale, abbiamo visitato un sito magico nel vero senso della parola… Nella stretta conca ai piedi di Monte Bego, infatti, si trovano moltissime incisioni rupestri. Le prime risalgono alla Preistoria ma le ultime arrivano al ’700. A periodi alterni a partire dalla Preistoria e poi dal Medioevo, senza interruzioni fino quasi ai giorni nostri, vengono incise sulle rocce iscrizioni e figure schematiche, a volte appena visibili, che rappresentano pastori, militari, viandanti, forse anche pellegrini, perfino immagini di barche, di straordinaria precisione, che fanno pensare a ex voto. Date, stile di scrittura, indumenti rappresentati sono indizi che permettono di risalire con sufficiente approssimazione al periodo in cui è stata realizzata l’incisione.
Sembra che questo luogo fosse considerato sacro dai popoli di entrambi i versanti della montagna per la quantità di fulmini che lo colpiscono, la causa dovrebbe essere la natura della roccia, molto ricca di ferro. Le analogie con le altre esperienze della mia vita continuano: anche il monte Sagro nelle Apuane – praticamente casa mia – sembra sia stata una montagna sacra per gli antichi Liguri…
Alta Via del Sale.
Di incisioni rupestri ormai ne ho viste tante… ma sono sempre straordinariamente emozionanti! E anche qui, come spesso mi succede, quando abbiamo percorso la Via Sacra, lo spirito del luogo si è fatto sentire ed ho avvertito il passaggio dei tanti che salivano quassù per lasciare una testimonianza di devozione al proprio Dio… L’aria sacra di questo luogo è ancora presente…
Ho sentito ancora affinità con la Tasmania – fresca nella mia memoria perché ultimo Viaggio fatto (Viaggio con la V maiuscola). Questo senso di familiarità si è manifestato lungo la strada quando abbiamo attraversato Vernante, un piccolo borgo le cui case hanno la particolarità di essere decorate con murales riguardanti la storia di Pinocchio. Anche Pinocchio è un personaggio di casa mia, cosa ci fa in provincia di Cuneo? Ebbene in questo gioiellino da favola ha trascorso gli ultimi anni della sua vita Attilio Mussino, il più celebre illustratore del capolavoro di Collodi. E perché questo posticino delizioso mi ha ricordato la Tasmania? Perché girando nella stupenda isola australiana abbiamo incontrato Sheffield, una cittadina famosa proprio per i suoi murales…
Una delle visite più particolari è stata l’“Alta via del sale”. È un percorso di poco meno di 40 chilometri praticamente sempre in cresta, quindi ricco di panorami veramente stupendi soprattutto se ammirati in un giornata luminosa come abbiamo avuto la fortuna di avere, ma è anche un luogo ricchissimo di storia, dato che si tratta non solo di postazioni militari risalenti ai Savoia ma anche della strada utilizzata per portare nell’entroterra il preziosissimo sale marino… una storia immersa in un mare di fiori gialli, viola, azzurri, rosso intenso e poi gli immancabili e sempre graditissimi camosci e marmotte!!
Alta Via del Sale panorama.
Ma l’animale più simpatico che abbiamo incontrato (anche se ovviamente scolpito nel legno) è stato il Dahu. È stato Piero che ci ha raccontato la storia di questo leggendario quadrupede che popolava le Alpi. Ora, a quanto pare, è estinto per i troppi turisti che, facendo rumore, gli hanno fatto perdere troppo spesso l’equilibrio e quindi lo hanno fatto precipitare… eh sì: il Dahu aveva le zampe del lato destro o sinistro (a seconda se era sinistrorso o destrorso) di lunghezza diversa, in modo da poter camminare agevolmente sulle notevoli pendenze di queste montagne. Simpatico no? E volete la notizia più interessante? Sembra che si riproducesse tramite uova deposte nel marsupio… come i monotremi incontrati… in Tasmania ovviamente!!! Questa notizia preziosa l’ho trovata su Wikipedia … sarà vera?
Altri personaggi fantastici con i quali abbiamo fatto conoscenza sono le Masche, una specie di streghe, non necessariamente cattive, che circolavano da queste parti. Strano a dirsi, frequentavano anche le chiese mimetizzandosi tra i fedeli. È così che a Piero è venuto in mente di parlarcene quando siamo entrati nella chiesa parrocchiale di Elva. Questa è particolarmente notevole perché è stata affrescata da Hans Clemer, pittore fiammingo che ha lavorato molto in Piemonte. Tra i tanti volti rappresentati negli affreschi che tappezzano le pareti dell’abside ce ne sono alcuni veramente mostruosi, quasi raccapriccianti, e così è venuto fuori il racconto. … “quando ero bimbo, narra la storia, se facevi troppi capricci, potevi sentire la voce di un vecchio che, immancabilmente vicino al fuoco, ti ricordava che, se non ti mettevi tranquillo, durante la notte sarebbe arrivata la masca… ‘A-i é le masche!!!!!’ era il segnale e diventavi di colpo un santarellino….”
Marmotta lungo la strada del colle dell’Esischie.
Le chiese in montagna sono sempre di una bellezza particolare. Infatti su tutte le montagne del mondo, da quelle impregnate di Buddhismo a quelle cristiane, si incontrano luoghi di preghiera. Possono essere chorten e muri mani in oriente o crocifissi e piccole cappellette dalle nostre parti.
Al termine dell’Alta via del sale, a Monesi, dove ci siamo fermati per il pranzo, abbiamo potuto ammirare una piccola pieve dell’XI secolo. Piccola, quasi una miniatura, a partire dal campanile e dal portoncino, tutta in pietra a vista su di un piccolo pendio erboso e un albero, anch’esso minuscolo, nelle vicinanze. Peccato che non abbiamo potuto visitarne l’interno perché chiusa. Anche le finestrelle erano talmente piccole che non abbiamo potuto sbirciare dentro.
A Vicoforte invece abbiamo visitato un grandioso santuario che ospita le salme di alcuni Savoia. Questa struttura imponente è nota soprattutto per la sua cupola a base ellittica, la più grande esistente di questa forma. La chiesa è quasi deserta e le dimensioni della cupola, perfettamente percepibili anche dall’interno, ci fanno sentire ancora più minuscoli di quanto siamo realmente… In aggiunta, il silenzio dominante e la luce dorata che filtra dalla lucerna altissima ci avvolgono nel senso del divino e restiamo a lungo affascinati e coinvolti con il naso all’insù per ammirare gli affreschi della cupola che rappresentano alcuni momenti della vita di Maria e la sua gloriosa Assunzione in cielo… uno spettacolo indimenticabile per fedeli, agnostici ed appassionati!
Un camoscio incontrato presso il colle di Tenda.
Infine, abbiamo visitato il santuario di San Magno, sulla strada di rientro a Cuneo, ancora meta di molti pellegrini. Questo è situato ai piedi della catena montuosa, quasi all’inizio della valle. È circondato da una specie di portico su tre lati per cui, percorrendolo, dalle sue ampie arcate si ammirano dei bellissimi scorci sulle montagne circostanti. A differenza di Vicoforte qui c’è molta gente, ma sono tutti assorti dalla bellezza del luogo per cui, nonostante tutto, c’è silenzio e armonia. Mi ha richiamato alla mente la spianata dinanzi alla cattedrale di San Giacomo a Santiago de Compostela …
Ad Elva abbiamo consumato un pasto molto saporito (qualcuno mi chiederà “cosa hai mangiato?” ed io, con un po’ di rammarico, sono costretta a rispondere che ricordo la sensazione piacevole ma non il contenuto del pasto…), invece ricordo bene il luogo: eravamo su di una bellissima terrazza ombreggiata da una pergola. Dopo aver visitato la chiesa (quella delle masche!!!) abbiamo scoperto un qualcosa di totalmente nuovo: il mondo dei raccoglitori di capelli.
La Valle delle Meraviglie.
Soprattutto nel sec XIX, per arrotondare le entrate nel periodo invernale quando i pascoli non erano praticabili, gli abitanti di qui si erano organizzati per la raccolta e la lavorazione dei capelli che poi venivano inviati in molti paesi europei per essere trasformati in parrucche. Nel Museo, oltre ad un interessante video sulla vita del paese raccontata da un vecchio del posto, c’erano dei diorama di scene della lavorazione. I personaggi sono stati ricostruiti talmente bene che nell’entrare in una stanza ho salutato le due figure che stavano lavorando. “Buonasera!” ho esclamato e solo allora, non sentendo nessuna risposta, mi sono resa conto che erano fantocci!… Osservando parrucche e oggetti esposti in vetrinette molto ben allestite e ricche di spiegazioni mi sono resa conto che i capelli bianchi e lunghi erano quelli di maggior valore. Ho un capitale sulla mia testa!!!
Infine l’altopiano della Gardetta. È quassù, su di un prato fiorito, che mi sono addormentata tra colori e profumi. Per arrivare qui, siamo a 2.335 m s.l.m., abbiamo fatto una divertente esperienza. La strada era stata chiusa da una ordinanza del sindaco. Ci fermiamo per chiedere informazioni a degli operai che stanno lavorando sul ciglio e con loro c’è un distinto signore che soprassiede ai lavori. Niente meno è lui il sindaco che stava appunto riflettendo sull’opportunità di rimuovere l’ordinanza. La richiesta di Piero gli fa prendere la decisione: possiamo passare!!!! Evviva!!!
Fortificazioni Altopiano della Gardetta
Sull’altopiano ci fermiamo per fare merenda, ci sono un rudere di una vecchia caserma di alpini e diverse casematte, appostate sui pendii scoscesi, appartenenti al sistema difensivo voluto da Mussolini. Ma ciò che mi colpisce di più sono le Trune: alloggiamenti militari scavati lungo la parete della montagna, quasi invisibili se non osservati da una prospettiva particolare, e che nel tempo hanno giocato un ruolo determinante per la difesa del territorio. Non ho molta esperienza in materia ma sicuramente, da qualche parte nel mondo, ci sarà qualcosa di simile.
…Stavo dimenticando di parlarvi dei Ciciu del Villar, rimedio subito! Sono questi una particolare ed interessante conformazione geologica, a forma di fungo, che si trova lungo il percorso del fiume Maira. Nella Riserva Naturale, dove viene protetta questa conformazione del terreno dovuta soprattutto a fenomeni di erosione, si può passeggiare tra buffe colonnine di terra dalle altezze più varie, ciascuna sormontata da un sasso più o meno piatto e sporgente proprio come cappelle di funghi. Data l’ora – siamo di mattina all’apertura del Parco, non c’è nessuno tranne il nostro gruppo – sembra di trovarsi in un luogo di gnomi giganti e di essere noi diventati dei lillipuziani…
Anche questi “funghi” hanno altrove qualcosa di simile, per l’esattezza i camini delle fate in Cappadocia, Turchia. Solo le dimensioni sono diverse: i Ciciu piemontesi sono più piccoli ed aggraziati. E così concludo: paese che vai… e qualcosa del tuo mondo ritroverai sempre…
Panorama Altopiano della Gardetta.
… E come sempre la vita non ci risparmia mai il dolore ed anche questa volta ha colpito. Avrebbe dovuto essere con noi Toni Caranta come compagno di viaggio ed esperto dei luoghi… non c’è, ci ha lasciato poche settimane prima. Queste montagne però sono intrise della sua essenza ed è come se ci seguisse controllando i nostri passi. Non lo conoscevo direttamente, ma avverto la sua presenza amica e lo ringrazio.
Quando, pochi giorni dopo la fine di questo viaggio, sono tornata tra queste montagne con i miei amici del CAI ho ritrovato spesso manifestini che lo ricordavano. Tutti qui lo conoscevano e gli volevano bene.
Spetta ad un anonimo una frase molto suggestiva, che voglio dedicare a tutti i cari amici che amavano la montagna e che non sono più tra noi: “Nei grandi spazi della montagna, nei suoi alti silenzi, l’uomo non distratto può cogliere il senso della sua piccolezza e la dimensione infinita della sua anima.”
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